Vi risparmio inutili preamboli. Chi mi segue, almeno attraverso la lettura di questi miei post, sa bene quanto siano mesi ormai che proprio non trovo pace. Non la trovo almeno da quando si parla di transizione elettrica nell’ automotive. O meglio da quando in Europa si è deciso che la strada era segnata. Che la tecnologia per raggiungere gli obbiettivi di riduzione delle emissioni sarebbe stata quella, e solo quella, elettrica. Target temporale il 2035. Tutto perfetto? No.
Ben inteso che il sottoscritto da anni, lavorativamente, nell’ elettrico crede e investe. Non è di questo che parliamo. Non è un cruccio personale e neanche una sfida tra fazioni green o non green. Sugli obbiettivi della transizione siamo credo tutti concordi. In questa transizione “all’ Europea” invece non credo e la temo molto.
Leggendo il recente studio (Anfia – AlixPartners) sull’impatto della transizione elettrica sul settore della componentistica per i motori a combustione, capisco che i timori non sono infondati. Secondo lo studio, al 2030 e rispetto al 2023, questa transizione potrebbe comportare una riduzione di fatturato di oltre il 50%. Circa 7 miliardi di euro. Posti di lavoro a rischio tra i 30 e i 50 mila. A seconda della capacità dell’Italia di produrre o meno 1 milione di auto l’anno nei prossimi anni. Sono scenari, ma preoccupanti. Perché gli investimenti per sviluppare e produrre prodotti legati alla mobilità elettrica sono ingenti. E se non vengono messi a terra nel breve e medio termine, e i volumi non ci sono o tardano ad arrivare, si può facilmente immaginare cosa potrebbe poi succedere. Anche ad aziende importanti e virtuose. Senza dimenticare che questo discorso riguarda principalmente l’Europa. Mentre in paesi emergenti e trainanti come l’India, grazie a un approccio più votato alla neutralità tecnologica, stanno vivendo periodi di crescita straordinaria.
Già oggi invece vediamo quanto in Europa l’elettrico stia mettendo in crisi anche storici player automotive. Con probabili chiusure o forti riduzioni di posti di lavoro sul territorio comunitario. Nel mentre anche il mercato delle batterie e le Giga factory mostrano i primi segnali d’ incertezze e rallentamenti. In Europa come in Asia. Dove però molto rapidamente si sta spostando l’attenzione verso il mercato dei Bess. Giusto per dare un contesto, per quanto sommario. Mi consola e lascia speranza vedere che finalmente, da più voci, arrivano e si rafforzano gli appelli alla neutralità tecnologica. Speriamo davvero l’Europa sia all’ ascolto.