Una storia di successo iniziata nel 1933: oggi occupa 600 dipendenti e fattura 95 milioni
E’ una multinazionale tascabile, una bella realtà manifatturiera nata nel 1933 a Seregno con un fatturato consolidato che nel 2018 ha sfiorato i 95 milioni di euro e circa 600 dipendenti nelle tre sedi di Cabiate (380 addetti), India (190) e Cina (20). Dell’Orto Spa è un’azienda specializzata nella produzione di carburatori che, con il passare degli anni, si è evoluta allargando la propria produzione anche ai sistemi di iniezione e alle centraline elettroniche. Andrea Dell’Orto, 49 anni, di Seregno, vice presidente esecutivo dell’azienda brianzola, segue in particolare l’attività commerciale e marketing dell’azienda di famiglia, oltre ad essere presidente della Dell’Orto India, rappresenta la terza generazione di una dinastia imprenditoriale, ed è uno degli artefici dello sviluppo di questa eccellenza del «made in Brianza».
Come si è evoluta la Dell’Orto in questi 85 anni? Come è possibile diventare una storia di successo e continuare a crescere?
«A fondare nel 1933 a Seregno l’azienda di carburatori, che all’inizio si chiamava Industria Nazionale Carburatori, fu mio nonno Piero con i suoi fratelli Luigi, e Giuseppe. I primi carburatori sono stati messi a punto per le case motociclistiche più prestigiose come Guzzi, Piaggio e Benelli. Un prodotto che poi si è evoluto con il carburatore in alluminio ad alta prestazione per applicazioni sportive. Negli Anni Sessanta siamo entrati nel mondo delle quattro ruote diventando fornitori di Fiat, Alfa, Lancia, Innocenti, Ford e Lotus. Il segreto del successo sta nel fatto che l’azienda ha saputo anticipare l’evoluzione tecnologica di moto e auto. Alla fine degli Anni Novanta, infatti, sulle auto il sistema di iniezione ha sostituito il carburatore e Dell’Orto era pronta con i propri corpi farfalla. La stessa cosa si è ripetuta dieci anni più tardi sulle moto. Poi c’è stato l’avvento delle centraline elettroniche che ancora una volta siamo riusciti a cogliere tempestivamente. E così, da azienda tipicamente metalmeccanica, siamo diventati prima meccatronici e poi elettronici. E’ stato un percorso lungo, difficile, ma che ci ha permesso di stare sul mercato, di estendere il nostro business all’automotive, di crescere e di conquistare anche i mercati ester i».
Quando avete iniziato a internazionalizzarvi?
«Alla fine degli Anni Novanta, quando in Italia e in Europa le vendite delle moto hanno subito un rallentamento e abbiamo scoperto che nel mercato asiatico il mezzo di trasporto prevalente erano proprio le due ruote. L’India continua a rappresentare il mercato mondiale più importante, del resto basti pensare che ogni anno si vendono 20 milioni di moto contro l’1,2 di tutta Europa e le 280 mila unità dell’Italia. In India eravamo presenti da molti anni ma solo con un accordo di licenza mentre nel 2006 abbiamo costituito la Dell’Orto India Private Limited, per arrivare nel 2012 alla realizzazione di un plant produttivo locale tutto nuovo e con gli standard europei. Un investimento che ci ha permesso di dare vita a un grande sviluppo internazionale, diventando ben presto uno dei player più importanti del Paese asiatico».
Quanto incide la quota export sul fatturato?
«Oggi rappresenta il 65% del volume d’affari mentre la sola India rappresenta il 15%, una quota destinata a salire al 50% nei prossimi anni alla luce degli sviluppi futuri, perché il Governo indiano, a partire dal 2020, ha varato una serie di norme per ridurre le emissioni dei motori e quindi i carburatori verranno sostituiti dall’iniezione elettronica, segmento dove noi siamo leader. Una prospettiva che lo scorso anno ci ha suggerito di siglare anche un joint venture strategica con Varroc per lo sviluppo della centralina elettronica e quindi completare la proposta del sistema di iniezione completo sul mercato indiano e internazionale. Siamo presenti anche in Cina con un presidio tecnico-commerciale, ma questo mercato per noi è ancora un po’ difficile per la forte presenza di competitor locali, ma anche qui nel 2017 abbiamo siglato una joint venture per produrre pompe e moduli benzina per le moto».
Dopo gli ultimi anni di grande crescita il mercato dell’automotive sembra segnare il passo. Qual è la sua visione?
«Effettivamente il mercato europeo dell’auto sta rallentando. Le incognite legate al diesel non aiutano e dobbiamo ancora capire quale impatto avrà».
Però l’elettrico dovrebbe crescere…
«Anche noi stiamo investendo tempo e risorse nell’elettrico, ma al momento si fattura poco. E’ sicuramente la tecnologia del futuro, dove anche un’azienda come la nostra deve essere presente, ma l’impatto sul giro d’affari è molto, molto modesto. In ogni caso, come Dell’Orto, nel 2019, pensiamo di aumentare il fatturato sul mercato italiano nell’ordine del 3/5% – nonostante l’incertezza politica che regna nel Belpaese – mentre pensiamo di crescere tra il 20 e il 30% sui mercati asiatici».
Nel 2017 avete raggiunto un accordo con Eni per diventare distributori dei prodotti i-Ride. Che significato ha questa collaborazione?
«Il 15% del nostro fatturato viene dai ricambi dei carburatori. I carburatori Dell’Orto rappresentano ancora un must, sono sinonimo di successo e di qualità: abbiamo sempre curato questo settore con grande attenzione. In questi 85 anni di storia abbiamo costruito una rete vendita molto forte, qualificata e fidelizzata. Negli ultimi anni abbiamo cercato di valorizzarla con altri prodotti. Nel 2013 abbiamo fatto un accordo con Bosch per la distribuzione dei loro prodotti moto come di batterie, candele e lampadine. Poi abbiamo intercettato questa esigenza del Gruppo Eni, che era alla ricerca di un partner per distribuire i suoi lubrificanti i-Ride. L’esperimento dei primi sei mesi del 2017 è stato molto positivo e così abbiamo rafforzato la collaborazione, tanto che oggi i prodotti i-Ride sono apprezzati da un’ampia fascia di pubblico e ci sono grandi prospettive di crescita per guadagnare quote di mercato e competere con Motul, Castrol, Elf».
Dell’Orto ha esordito nel motorsport negli Anni Cinquanta con Gilera. Oggi siete partner del team LCR Honda di Luca Cecchinello con Cal Cruthlow, siete fornitori ufficiali di Moto3 e collaborate con lo Sky Racing Team VR46. Che significato ha questa presenza così forte?
«Per noi sono collaborazioni strategiche. Gli appassionati di moto vogliono i prodotti Dell’Orto come quelli delle auto vogliono quelli di Brembo. Questa presenza serve a rafforzare il brand, la credibilità dell’azienda, la qualità dei nostri prodotti sui mercati internazionali e la nostra capacità di fare innovazione. Da quest’anno saremo anche partner di Dorna che sta lanciando la Moto E: Dell’Orto fornirà il sistema di acquisizione dati con relativa sensoristica ai team che parteciperanno alle prime cinque prove del campionato mondiale. Un’avventura che condivideremo con altre aziende italiane come Enel ed Energica. Non dimentichiamo che la ricerca che viene fatta nel motorsport avrà evidenti ricadute anche sulle produzioni di serie».
Lei è anche vice presidente di Assolombarda, «numero uno» del Presidio di Monza e Brianza della stessa Assolombarda, presidente di Ancma, la Confindustria dei produttori nazionali ci ciclo e motociclo, e guida pure il Salone Eicma. Come concilia il ruolo di imprenditore con gli impegni associativi?
«Non è sempre facile, ma gestire entrambi gli impegni mi permette di avere una visione più globale e contribuire concretamente alla rappresentanza. E’ un’esperienza che suggerisco anche a molti altri amici e colleghi imprenditori».
Giornale di Monza – 12/02/2019