Anno 1933. In un capannone di Seregno viene prodotto il primo carburatore. Nome in codice SC26, sigla commerciale Rex. Il marchio, Dell’Orto. Simbolo del made in Italy nel mercato mondiale. Dove c’erano carburatori (moto e auto), c’era Dell’Orto. E c’è ancora. Grazie alla capacità di ristrutturare il ciclo produttivo e rispondere ai colpi della crisi. Rimanendo fedele al territorio, anche quando si è trattato di espandersi trasferendosi da Seregno al confinante Cabiate. «Negli anni Ottanta già sulle auto sono iniziati a comparire i sistemi a iniezione che poi si osno espansi negli anni Novanta. Qualche anno dopo è toccato anche alle moto, soprattutto in Europa. Ci siamo dovuti adeguare e abbiamo iniziato a fare alcuni prodotti delle iniezioni, in particolare il corpo farfallato, sia per moto sia per auto», ricostruisce Andrea Dell’Orto, vice presidente esecutivo dell’azienda di famiglia, la Dell’Orto spa, presidente di Dell’Orto India, oltre che vice presidente di Assolombarda e dal 2018 numero uno di Confindustria Ancma (Associazione nazionale ciclo, motociclo e accessori) e di Eicma.
IL FUTURO, però, ha presto iniziato a mettere in discussione la meccanica, inserendo anche una componente elettronica, per gli Obd (l’on board diagnostics) che devi avere sul veicolo: «Tutti gli allarmi che si vedono quando si guida è perché vengono segnalati da questiattuatori che devono essere azionati non manualmente o da un cavo ma dall’elettronica». Questo ha segnato il secondo passaggio evolutivo, dalla meccanica alla meccatronica. Fino ad arrivare al terzo stadio, l’elettronica: «Sulla moto ci siamo proposti per fornire tutto il sistema di iniezione elettronica, quindi inclusa la centralina controllo motore».
NELLE DUE ruote «siamo sistemisti a tutto tondo, mentre sull’auto facciamo solo componenti meccanici o meccatronici perché la parte di controllo motore è dominata dai big player». Poi è arrivata la crisi del 2008: «Ci siamo allargati tanto, soprattutto sullo stabilimento italiano, grazie alle nostre competenze tecnologiche, sul mercato dell’auto», che oggi rappresenta il 60% del fatturato di Dell’Orto Italia, con corpi farfallati ma anche con prodotti relativi al ricircolo dei gas di scarico. Diesel e ora anche benzina. Mentre lo storico mercato di riferimento, quello delle moto, è stato ridimensionato. Almeno in Europa, dove l’anno scorso si sono immatricolate un milione di moto, in Italia circa 230mila. L’India, invece, di moto ne ha immatricolate oltre 20 milioni: «Noi, già presenti là con uno stabilimento in cui produciamo corpi farfallati per moto e auto, da dicembre con Varroc realizziamo anche la centralina elettronica per le moto – continua Dell’Orto -. Una grande opportunità perché dal 2020 le normative antinquinamento in India prevederanno che tutte le moto abbiano il sistema a iniezione elettronica e non più carburatori. Un passaggio storico, come avvenuto a fine anni Novanta in Europa».
OGGI SUL TOTALE fatturato 2018 di Gruppo – pari a 95 milioni di euro -, l’India è «solo» il 15%, ma «nei prossimi 2-3 anni arriverà a rappresentare il 50% se non oltre». Più ridotte le dimensioni e le prospettive in Cina (il 10% del fatturato) dove dall’anno scorso Dell’Orto ha creato una joint venture per le pompe benzina e i moduli benzina per le moto. «La nostra forza è essere sempre alla ricerca dell’avanguardia – spiega Dell’Orto -. In ricerca e sviluppo investiamo il 6-7% del fatturato. E non è poco per una realtà come la nostra». In Italia 380 dipendenti, 160 in India e una trentina in Cina. E il futuro? «Stiamo cercando di capire gli sviluppi dell’elettrico – chiarisce -. Nelle moto, essendo noi sistemisti, ci vorremmo proporre di fare tutto il sistema elettrico, magari in alleanza tecnologica con un partner italiano. Nell’auto, invece, è molto più complicato e stiamo lavorando su alcune aree come la parte di raffreddamento delle batterie».
Ma resterà sempre una quota di «tradizione»: «Le vecchie moto, dalle Guzzi alle Harley, montano tutte Dell’Orto. E noi riteniamo di doverlo e poterlo fare. Creando valore in
quelle zone dove altri hanno mollato». Fanno (quasi) tutto in casa: ci sono la fonderia, le lavorazioni meccaniche, la torneria, i trattamenti galvanici, l’assemblaggio, le sale prove su componenti e i banchi prova per le moto. Fino al mondo racing: Dell’Orto è fornitore nel Motomondiale fino al 2020 della centralina nella Moto3, è partner tecnologico di Aprilia in MotoGP, e poi per il campionato della Moto E fornisce la centralina che fa la parte di diagnosi e telemetria. Raccogliendo tutti i dati che servono al pilota e che poi vengono trasmessi in tv.
È un’azienda medio-grande. Una «multinazionale tascabile», per dirla con le parole del vice presidente esecutivo Andrea Dell’Orto. Un’azienda familiare con una dimensione internazionale. Arrivata alla terza generazione. E tutti gli studi economici fatti, soprattutto dall’università Bocconi, raccontano che di solito solo il 13% delle aziende familiari sopravvive alla terza generazione. Ebbene, «nel nostro caso non solo è sopravvissuta ma è riuscita a crescere», precisa Dell’Orto. E lo ha fatto triplicando in dieci anni il fatturato. Merito anche della politica interna: «Puntiamo molto sulla formazione tecnologica e culturale, con il coinvolgimento delle persone sui risultati aziendali», aggiunge il vice presidente dell’azienda.
Ma un imprenditore, nell’economia globale, ha comunque bisogno di sostegno per andare avanti. «Il problema è che qua si fanno tanti discorsi ma oggi, tu che fai l’imprenditore, hai una serie di costi e vincoli per cui è sempre più
difficile fare impresa – è la constatazione di Andrea Dell’Orto -.Senza certezze come fai a fare piani industriali? Occorre, quindi, la mentalità di lavorare su una politica industriale del Paese. Per evitare che imprenditori poi decidano di investire all’estero o, peggio, di vendere a stranieri».