La Zecca ha dedicato, quest’anno, una moneta da 2 Euro a M. Montessori. Si potrà dire che era doveroso, in un anno così disgraziato per la Scuola Italiana. Oppure, si potrà contestare che i 2 euro ben rappresentano la misura dell’investimento dello Stato verso l’educazione dei giovani. Modi diversi e probabilmente entrambi legittimi di guardare a un FATTO, che però c’è, e si percepisce nella sua effettiva dimensione.
Non accade, altrettanto, con lo slogan “Ripresa & Resilienza”. Il Recovery Fund è sul tavolo, ma il Recovery Plan rimane oscuro nei suoi concreti contenuti. Le aziende, incitate a non perdersi d’animo, elaborano i forecast per l’anno seguente a partire da settembre. Mettiamo pure che, in quest’anno così disgraziato e ondivago, ci abbiano lavorato più tardi, guardando all’evolversi della situazione. Ma per quanto ci si sforzi, non è accettabile che ad oggi, 20 dicembre 2020, i contenuti delle caselle dei progetti rimangano un dato oscuro. In questo modo, “Ripresa & Resilienza” restano parole, anzi pacche sulle spalle di nessun effetto; si aggiunge, così, insicurezza alla già insopportabile incertezza, come ha giustamente tentato di sottolineare la Presidente Casellati, il cui discorso ben s’attaglia anche alle imprese, e non solo ai privati cittadini confusi dall’ “apri & chiudi” delle ultime settimane.
Le indiscrezioni parlano di 48,7 miliardi per digitalizzazione e innovazione; 74,3 per la “rivoluzione verde e transizione ecologica”; 27,7 al settore Infrastrutture per una mobilità sostenibile; il capitolo “istruzione e ricerca” può contare su 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere su 17,1 miliardi. L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi. Sono dati ancora generici, troppo. Non entro nel merito di talune scelte, a mio avviso discutibili: la parità di genere, ad esempio, è un’epocale e doverosa trasformazione culturale, che però non si impone dall’alto a suon di miliardi iniettati chissà dove e come, ma si fa crescere dal basso, educando le persone al rispetto. Non può poi non stupire il fanalino di coda cui è relegata la Sanità, i cui limiti, evidenti e pericolosi, sono stati impietosamente smascherati dalla Pandemia.
Ma tant’è: il mio mestiere è un altro. E proprio perché è un altro, non posso non osservare che lo slancio istituzionale, nelle dichiarazioni programmatiche pubblicate, pare sin qui più aulico che efficace. Sembra privilegiare a tutti i costi un sentimento “digital & green”, certamente apprezzabile, che non può però dimenticare anche la dimensione “materiale” delle aziende che sostengono il Paese. Le trasformazioni economiche richiedono tempo: noi siamo e restiamo, per la massima parte, un’economia manifatturiera. Se il progetto è quello di modificare gli assetti, parliamone; ma non diamo per scontato che, d’incanto, riempirsi la bocca di bytes, 5G e fonti di energia rinnovabili sarà la soluzione. Breve, medio e lungo periodo richiedono strategie diverse, e interventi differenti.
Le imprese italiane sono capaci di Ripresa & Resilienza; lo hanno dimostrato in tante occasioni negli ultimi decenni, attraversando e superando con rinnovato slancio tanti momenti di difficoltà. Ma Ripresa & Resilienza necessitano di supporto, che significa, prima di tutto, chiarezza. Il nostro impegno di imprenditori è sul tavolo da sempre; vorremmo discuterne, in concreto, senza scontare, all’ultimo minuto, le solite politiche assistenziali dettate dalla necessità di far fronte a nuove emergenze generate da miopi visioni. Fra “aiutare” e “assistere”, la differenza è nell’etimo: un conto è “giovare”, un altro “stare accanto”. Col primo cresci investendo, col secondo consumi risorse senza prospettive. Ecco, non vorrei, davvero; ma scommetto 2 euro, quelli con l’effige della Montessori, che a furia di rimandare, v’è serio pericolo d’una deriva solo assistenziale. E le imprese italiane non hanno bisogno di assistenza; hanno bisogno, disperato, di aiuto.