L’Europa dei motori e delle mille realtà ad esse collegate è destinata a spegnersi. Almeno con queste regole e se non s’ interviene a livello nazionale e comunitario. Non è un destino segnato e nemmeno un’infausta previsione. Ma che siano termici o elettrici però ormai poco cambia, se niente cambierà a breve. Lo dico con tono di residua preoccupata speranza ma lucida visione di quello che i dati, non ipotesi, però ci ribadiscono.
In Europa nel 2023 si sono vendute circa 13 milioni di auto e 1,5 milioni di moto. In Cina 21 milioni di auto. L’ India, che punta a diventare il terzo mercato mondiale delle auto per il 2030, ha venduto invece 16 Milioni di moto. Letti così i dati non suggeriscono forse molto. Se contestualizzati solo a livello demografico delle rispettive aree. Quello che però pesa alla luce di questi dati è che India e Cina non hanno quei vincoli, che in Europa avremo nel 2035. L’Europa delle regole tafazziane ha consegnato di fatto ad India e Cina il futuro del mercato moto e auto. Mercato che in Europa anno dopo anno andrà a depauperarsi con sempre più bassi volumi.
Imponendo l’elettrico come tecnologia della nuova mobilità, a scapito della neutralità tecnologica, l’Europa ha sbagliato. Lo ha fatto nel non consentire ai #motori tradizionali a combustione nuovi sviluppi. Parlo di anni di ricerche su materiali, combustibili e soluzioni ingegneristiche praticamente andati persi. E sulle quali migliaia di realtà già lavoravano e hanno dovuto accantonare per riconvertirsi e non perdere l’“onda elettrica”. Dalla quale in buona parte siamo almeno oggi già esclusi.
Lo dico perché l’elettrico rispetto alla combustione non ha un motore con quella componentistica che conosciamo. Ma ha un powertrain #elettrico composto da sole tre famiglie di componenti. Batterie, l’inverter con integrato l’elettronica di controllo e il motore elettrico.
Le sole batterie incidono più del 50% sul costo del powetrain elettrico. Ad oggi di fatto tutte costruite in Cina o Asia. A cominciare dalle celle che a loro volta rappresentano quasi la metà del valore di una batteria. È quindi chiaro che nel processo di conversione delle filiere automotive, da combustione ad elettrico, per un 50% del suo valore l’Europa è tagliata fuori. Mentre per il restante, cioè inverter e motore elettrico, rischiamo che se come ipotizzabile se li faranno in autonomia le case costruttrici di auto, tutti i fornitori della filiera #automotive che forniscono componenti per motori a combustione rimarranno totalmente esclusi.
Inoltre molte importanti aziende italiane ed europee della componentistica #automotive hanno investito miliardi di euro per convertirsi e fare nuovi prodotti del powertrain elettrico. Ma i volumi di vendite dei veicoli elettrici in #Europa, ancora bassi, non permettono di rientrare degli investimenti. Con un danno finanziario che rischia di compromettere il loro storico business e la loro esistenza.
Come se ne esce quindi? Cominciando con una politica industriale ed economica, europea e italiana, che metta risorse importanti e vere per convertire la filiera automotive. Con tutto rispetto 1 Miliardo di PNRR speso poi in incentivi per vendere auto elettriche non è quello che serve. Serve prima convertire le fabbriche e creare le condizioni per realizzare un nuovo #indotto legato anche alle batterie con giga factory in Italia ed in Europa. Altrimenti il sogno elettrico in Europa si spegne.
“Il passato non si cambia, ma se si cambia il presente si finisce per cambiare anche il futuro”.
J.P. MALFATTI