Tratto da : L’Economia del Corriere della Sera del 22 maggio 2023
di Massimiliano Del Barba
Anche i punti di riferimento di settore, i marchi che da soli rappresentano una soluzione benchmark da inseguire e imitare, prima o poi devono fare i conti con il cambiamento. Per quasi un secolo la famiglia Dell’Orto ha incarnato il cuore pulsante della tecnologia endotermica.
Senza le loro soluzioni, la loro capacità di miscelare ossigeno e carburanti fossili, niente potenza, niente cavalli, nessun movimento nelle camere cilindriche di scoppio. Intere generazioni di appassionati hanno passato ore chini sui loro getti, avvitando e svitando augelli, nel tentativo di trovare il giusto compromesso fra liquido e gassoso.
Dici Dell’Orto e pensi ai carburatori. Ha compiuto novant’anni proprio poche settimane fa l’azienda fondata a Seregno come Società Anonima Gaetano Dell’Orto e figli: Moto Guzzi, Benelli e Piaggio, poi dal secondo dopoguerra anche le quattro ruote con Innocenti, Alfa Romeo, Ford, Lotus e Lancia. Infine il motorsport, con oltre 500 titoli.
Dalla parte della storia
La storia della motorizzazione italiana riserva un importante capitolo a questa vicenda che è insieme imprenditoriale e famigliare. Perché al lato pratico, almeno fino al 1990 l’industria automotive italiana (ma non solo) è passata dalla Brianza. Tappa obbligata, data la sostanziale assenza di competitor sul mercato. Per fare un esempio: anche il «TA 17», il carburatore della mitica Vespa — vero e proprio simbolo dell’Italia nel mondo — porta la firma di Dell’Orto. Poi la progressiva diffusione dell’iniezione elettronica — prima sulle auto e in un secondo tempo anche sulle due ruote — che ha relegato i vecchi carburatori a letteratura di genere per appassionati o, nel migliore dei casi, alla mobilità urbana leggera dei due tempi, ha costretto i Dell’Orto a fare per la prima i conti col cambiamento. Ricorda Andrea Dell’Orto, nipote del fondatore e oggi alla guida del gruppo con il padre Giuseppe, classe 1940, il quale ricopre ancora la carica di presidente, il fratello Luca (amministratore delegato) e il cugino Davide (chief technology officer): «Eravamo un’azienda meccanica che, in un certo senso, fino all’arrivo dell’iniezione elettronica aveva campato di rendita. In poco tempo abbiamo dovuto reinventarci, diventando meccatronici. Non è stato semplice ma ci siamo riusciti».
Le svolte
Come detto, Dell’Orto non ha mai abbandonato la produzione di carburatori (ne sforna ancora, ovviamente, incluse le parti di ricambio: richiestissime a livello globale), ma il core business passa rapidamente allo sviluppo delle tecnologie di alimentazione elettronica: corpi farfallati, sistemi a iniezione e centraline. Cambio tecnologico che coincide con il passaggio dell’azienda a una dimensione internazionale.
È del 2006 lo sbarco in India, uno dei mercati più interessanti per il mondo delle due ruote, mentre nel 2011 è la volta della Cina. «In quel periodo — prosegue Andrea Dell’Orto, oggi vicepresidente del gruppo — capimmo che la nostra linea strategica avrebbe dovuto essere il mantenimento di una leadership nella progettazione e nella produzione dei sistemi di alimentazione, qualunque direzione lo sviluppo tecnologico avrebbe preso».
Oggi nel quartier generale di Seregno lavorano 400 persone in un plant integrato che va dalla fonderia alle lavorazioni meccaniche fino all’assemblaggio finale, al design alla ricerca & sviluppo e ai test di qualità.
In India si producono invece componenti e centraline mentre in Cina pompe benzina (altra diversificazione) e, soprattutto, batterie per alimentare il nuovo, l’ennesimo, cambio di pelle del gruppo, che lo scorso anno ha raggiunto i 140 milioni di fatturato per un ebitda del 12%, figlio di una lenta ma costante crescita inaugurata dopo la crisi del 2008 ma che prevede un ulteriore sviluppo a partire dal 2024, grazie proprio ai nuovi investimenti messi in campo nell’ultimo triennio.
«Dalla meccanica alla meccatronica, dalla meccatronica all’elettronica — sintetizza il vicepresidente, terza generazione imprenditoriale —. Abbiamo acquisito nuove competenze e grazie anche all’accesso ai bandi regionali e ai finanziamenti legati al Pnrr abbiamo sviluppato un powertrain completo per la mobilità elettrica che oggi equipaggia lo scooter Fantic, il quadriciclo Casalini, il monopattino Platum nonché la moto elettrica Mondial legata al progetto Connected Electric Modular Power insieme a Energica, Octo e all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, un progetto di propulsione elettrica intelligente destinato a scooter e minivetture, e caratterizzato dalla sostenibilità in termini energetici, ambientali e di sicurezza. Anche l’investimento in Cina in uno stabilimento per la produzione di batterie ovviamente rientra in questo nuovo cambio di pelle».
Una metamorfosi che, nei piani, dovrebbe portare a breve Dell’Orto anche sull’altra sponda dell’Atlantico. «Il Covid — conclude l’imprenditore — non ha rallentato il nostro business ma ci ha insegnato come sia ormai indispensabile essere vicini ai nostri clienti più importanti in una logica local to local. La nuova regionalizzazione del mercato, infatti, avvicina e localizza le filiere. Stati Uniti e Messico, a breve, saranno quindi la nostra prossima direzione di sviluppo produttivo e industriale».